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Alvise Grandese

Dipingo quello che ho visto, le persone che ho conosciuto. Magari insultate al bancone di un bar, o
solamente immaginate, provando a scarabocchiare sulle loro anime.
Facce disincantate, rugose, antiche. A a me care.
E poi i bicchieri, le cicche, le bestemmie, le carte, i dadi, gli interni fumosi.
Le notti.
Il mare infinito.
Il cielo mai fermo.
O viceversa.
La luna, gatti beffardi, draghi, uccelli.
Qualche rara donna, fatalmente silenziosa sulla tela.
Infine mi addormento, beato.

Alvise Grandese
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Foto di Piero Viti

Note Biografiche

Alvise Grandese nasce a Venezia nel 1956.

Svolge studi classici presso l'Università Ca' Foscari, che però abbandona a due terzi del cammino per seguire la passione per il cinema. Lavora come scenografo, sceneggiatore, attrezzista, pittore di scena e assistente di regia.

Nel 1988 si trasferisce a Roma per alcuni anni, continuando a lavorare in ambito cinematografico.

Il richiamo del mare e l'insostituibile fascino della vita veneziana lo riportano però in laguna, dove comincia a colorare i propri schizzi trasportandoli poco a poco sulla tela.

Inizia ad esporre i suoi lavori nel 1998.

Si definisce utopista, affascinato ma deluso dall'umanità, vizioso e gaglioffo, ateo cristiano e anticlericale feroce.

L'arte di Alvise Grandese

Grandese scommette con i secolari strumenti del disegno, del colore, del ritratto, producendo opere al confine tra un cinico realismo ed un’espressività tormentata e inquieta.

Le sue composizioni mostrano banconi di bar, metropoli notturne, bische clandestine, squallide stanze d’albergo, spiagge immerse nell’oscurità, dove indugiano bevitori, figure solitarie, pugili, coppie equivoche, giocatori d’azzardo, scommettitori, scarmigliati nudi femminili, assassini, spacciatori.

Questo mondo si muove spesso entro l’ambito figurativo delle più scure ed angolose architetture espressioniste.

La tecnica di esecuzione è incisiva, basata su un forte vitalismo cromatico e su un tratto violento ed irregolare: i disegni-segni, eseguiti a matita o a carboncino su carta, tela o legno, sono infatti parte essenziale dell’opera, visibili dopo la stesura delle tempere o degli olii, e aggiunti al termine come graffianti ritocchi.

Anche se, per stile e contenuti, è particolarmente vicino all’espressionismo tedesco, Grandese spesso trae la sua ispirazione dal cinema e dalla letteratura poliziesca degli anni ’50, dal fumetto d’autore e dal reportage fotografico di cronaca nera, ma soprattutto dall’intenso vissuto personale che emerge vibrante da ogni sua opera.

Negli anni più recenti, forse grazie ad una sorta di rasserenamento interiore, lo stile e la scelta dei soggetti si sono, per così dire, ammorbiditi e nelle sue composizioni sono entrati anche gatti, elefanti, uccelli, nature morte e ritratti dipinti con maggiore interesse per il dettaglio.

Beatrice Vianello

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Alvise Grandese

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